Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna anche agli effetti civili inflitta ad una donna ed alle sue due figlie, per stalking, lesioni personali e violazione di domicilio ai danni dell’amante del marito e delle sue due figlie, a seguito della scoperta della relazione intrattenuta da quest’ultima con il proprio marito, la Corte di Cassazione (sentenza 23 gennaio 2020, n. 2725) – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui erroneamente la Corte d’appello aveva negato l’attenuante della provocazione, in particolare nell’escludere che l’esistenza di un lasso temporale tra la condotta provocatoria (nella specie, la scoperta della relazione) e la reazione delle imputate minasse la ricorrenza dei presupposti per la sua applicabilità – ha diversamente affermato che la circostanza che la vittima abbia intrapreso una relazione con il coniuge dell’aggressore ed il venir meno al dovere di lealtà legato all’amicizia/conoscenza con la famiglia dell’autore del reato, sono temi che esulano dal novero delle condizioni che possono condurre all’applicazione della circostanza invocata, trattandosi di dinamiche squisitamente affettivo-interpersonali caratterizzate da un possibile margine di opinabilità, che non rispondono a regole (neanche di ordine morale) generalmente riconosciute e sufficientemente stabilizzate e che, pertanto, non possono trovare sbocco in termini di attenuazione della risposta punitiva dello Stato.
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