Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il Giudice della Corte d’Appello, delegato ex art. 13, l. n. 69/2005 per la procedura M.A.E. aveva sospeso, ai sensi dell’art. 294, co. 2, c.p.p., richiamato dall’art. 39, l. n. 69/2005, l’interrogatorio per l’identificazione dell’arrestato, che non aveva effettuato il primo tampone per l’accertamento Covid, ed il carcere ove era ristretto non aveva dato il n.o. alla traduzione, ritenendo sussistente un impedimento assoluto, convalidando l’arresto e disponendo la misura cautelare della custodia in carcere, la Corte di Cassazione (sentenza 31 agosto 2020, n. 24593) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui, con riferimento alla mancata presenza dell’arrestato all’udienza di convalida, si era trattato di un atto illegittimo, atteso che la presenza dell’arrestato doveva essere garantita dall’applicazione dell’art. 83, comma 12, l. n. 27/2020 – ha, invece, affermato che il controllo che l’art. 13, l. 22 aprile 2005 n. 69 demanda al presidente della Corte di appello, è diverso da quello previsto dall’art. 391, c.p.p., esaurendosi in una verifica meramente cartolare (nell’ambito della quale il Giudice delegato deve limitarsi a verificare che l’arresto non sia stato eseguito per errore di persona oppure fuori dai casi consentiti), che non influisce minimamente sull’esito del procedimento di consegna e sulla possibilità che nell’ambito di esso possa essere adottata una misura cautelare più adeguata alle esigenze del singolo caso ed idonea ad assicurare la consegna della persona allo Stato di emissione.
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