Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva assolto una donna dal reato di istigazione all’odio razziale, la Corte di Cassazione (sentenza 21 febbraio 2020, n. 6933) – nel disattendere la tesi della parte civile, che aveva impugnato la sentenza assolutoria, sostenendo che non era possibile dubitare della natura discriminatoria della comunicazione posta su FB, che si fondava sull’assunto, tipicamente razzista, della superiorità etnica degli abitanti dell’Italia settentrionale – ha diversamente affermato che andava esclusa l’idoneità propagandistica dell’attività comunicativa a ledere il bene giuridico tutelato dalla fattispecie dell’art. 1, d.l. n. 122 del 1993, inidoneità offensiva che derivava dai toni – del tutto contrastanti con le più elementari regole del buon senso, ancorché spregevoli moralmente – utilizzati dall’imputata per manifestare il suo pensiero, ma che, attesa la natura di reato di pericolo astratto della fattispecie predetta, imponeva che fosse accertata preliminarmente l’idoneità della condotta illecita a offendere il bene giuridico protetto dalla norma penale, contestualizzando il suo comportamento attraverso la formulazione di un giudizio ex ante.