Con l’ordinanza n. 203 del 2020 la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo 2001, n. 89, secondo cui rispettivamente la durata ragionevole del processo in primo grado non deve superare tre anni e quella del giudizio nei suoi tre gradi non deve superare i sei anni, poiché con altri precedenti la Corte ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-bis, nella parte in cui si applica alla durata del primo e unico grado di merito del processo previsto dalla citata legge per assicurare un’equa riparazione a chi abbia subito un danno conseguente all’irragionevole durata di un (altro, precedente) processo, essendo lo Stato tenuto a concludere il procedimento volto all’equa riparazione del danno da ritardo maturato in altro processo in termini più celeri di quelli consentiti nelle procedure ordinarie, che nella maggior parte dei casi sono più complesse e, comunque, non sono costruite per rimediare ad una precedente inerzia nell’amministrazione della giustizia, con l’effetto che l’intero processo di equa riparazione deve concludersi nel più breve termine biennale, in caso di celebrazione sia del grado di merito che di quello di legittimità.