Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato quella di primo grado, di condanna di un imputato per aver formato due testamenti olografi falsi a firma di una donna deceduta, nei quali l’imputato era individuato come erede universale, la Corte di Cassazione (sentenza 28 ottobre 2020, n. 29877) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui erroneamente la responsabilità dell’imputato era stata fondata sull’argomento del “cui prodest”, in violazione della regola di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio – ha infatti ribadito il principio secondo cui l’elemento dell’ “interesse” può rappresentare un indizio utile ai sensi dell’art. 192, comma 2, c.p.p., ove risponda ai requisiti di certezza, gravità e precisione, ma richiede, poi, la convergenza di ulteriori circostanze che, valutate prima singolarmente e poi globalmente, ne comportino la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo.
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