Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui la Corte d’appello aveva condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze a liquidare, in favore di un architetto, una somma pari a poco più di 4000 euro a titolo di ingiusta detenzione subita in regime di custodia cautelare in carcere per 17 giorni, per il delitto di estorsione, dal quale era stato però assolto dalla Corte di appello per insussistenza del fatto, la Corte di Cassazione (sentenza 23 aprile 2020, n. 12779) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui, i giudici di appello avrebbero dovuto tener conto, nel liquidare la somma, della perdita economica subita a causa della sottoposizione alla misura cautelare in carcere, che aveva comportato la revoca da diversi incarichi professionali – ha diversamente rilevato l’insussistenza di elementi probatori idonei ad affermare che le revoche degli incarichi professionali nell’ambito di diverse società fossero conseguenti all’interruzione dello svolgimento dell’attività di architetto a causa della sua sottoposizione a misura custodiale.
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