Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione aveva rigettato l’istanza proposta dal condannato, volta ad ottenere la revoca della sentenza, emessa nei suoi confronti, in ordine al delitto di cui all’art. 646 c.p., la Corte di Cassazione (sentenza 16 gennaio 2020, n. 1628) – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui, attesa la natura anche sostanziale della querela, doveva trovare applicazione l’art. 2, co. 2, c.p., con la conseguente esclusione della fattispecie di reato e revoca della sentenza di condanna – ha invece affermato che l’applicazione retroattiva delle disposizioni favorevoli all’imputato anche in tema di sostituzione del regime di procedibilità di ufficio con quello di procedibilità a querela, è consentita solo in relazione ai rapporti processuali pendenti in sede di cognizione per reati commessi in data antecedente, ma non è validamente riferibile alla fase di esecuzione.