Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello, confermando quella di primo grado, aveva condannato l’imputato per il reato di falso in dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, la Corte di Cassazione (sentenza 4 giugno 2020, n. 16982) – nell’accogliere parzialmente la tesi difensiva, secondo cui erroneamente i giudici avevano ritenuto l’imputato colpevole, senza tuttavia indagare approfonditamente in merito alla sussistenza del dolo normativamente richiesto per la punibilità del reo – ha infatti affermato che se è ben vero che integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la condotta della parte di un contratto di compravendita immobiliare, che dichiari falsamente al notaio rogante la conformità dell’immobile alle caratteristiche previste dalla concessione ed ivi autorizzate, è altrettanto vero però che l’indagine sulla sussistenza dell’elemento psicologico (dolo) deve essere particolarmente approfondita, soprattutto nei casi in cui tra le parti sussista un rapporto di stretta parentela (nella specie, figlio-genitori).
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