Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la ordinanza con cui la Corte d’appello, chiamata a decidere sull’istanza di ricusazione del presidente di un collegio giudicante, aveva respinto la predetta istanza ritenendo che le affermazioni del giudice, seppure “esuberanti”, non fossero tali da integrare gli estremi della manifestazione indebita del proprio convincimento sui fatti di causa, la Corte di Cassazione (sentenza 28 settembre 2020, n. 26974) – nell’accogliere la tesi della difesa della parte civile, che aveva proposto ricorso per cassazione, secondo cui le espressioni utilizzate risultavano asseritamente anticipatrici della valutazione della prova testimoniale in corso di assunzione da parte del presidente del collegio, in ottica evidentemente assolutoria – ha diversamente ribadito che costituisce indebita manifestazione del proprio convincimento da parte del giudice l’anticipazione di valutazioni sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza od innocenza dell’imputato in ordine ai fatti oggetto del processo, compiuta sia all’interno del medesimo procedimento che in un procedimento diverso senza che tali valutazioni siano imposte o giustificate dalle sequenze procedimentali previste dalla legge od allorché esse invadano senza necessità e senza nesso funzionale con l’atto da compiere l’ambito della decisione finale di merito, anticipandone in tutto od in parte gli esiti.