Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello, confermando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto colpevole di una serie di episodi di furto pluriaggravato un cittadino straniero, raggiunto da elementi ritenuti indiziari, la Corte di Cassazione (sentenza 14 ottobre 2020, n. 28559) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui in realtà l’imputato era stato condannato in presenza di un unico indizio, costituito dall’aggancio del proprio cellulare alle celle esistenti nella zona di consumazione dei fatti, dunque di per sé insufficiente a fondare l’affermazione di responsabilità – ha infatti affermato che gli “indizi”, suscettibili di valutazione ai sensi dell’art. 192, comma 2, c.p.p., sono elementi di fatto noti dai quali desumere, in via inferenziale, il fatto, ignoto da provare sulla base di regole scientifiche ovvero di massime di esperienza, mentre il “sospetto” si identifica con la congettura, un fenomeno soggettivo di ipotesi con prove da ricercare, ovvero con l’indizio debole o equivoco, tale da assecondare distinte, alternative – ed anche contrapposte – ipotesi nella spiegazione dei fatti oggetto di prova.
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