Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva annullato la sentenza del tribunale sul presupposto che quest’ultimo non si fosse pronunciato su un reato (quello di maltrattamenti in famiglia) contestato unitamente a quello di “stalking” (art. 612 bis, c.p.), per il quale invece l’imputato era stato già assolto all’esito del giudizio di primo grado, la Corte di Cassazione (sentenza 8 maggio 2020, n. 14173) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui erroneamente la Corte d’appello aveva disposto l’annullamento della sentenza di primo grado, avendo il Tribunale in realtà motivato anche quanto al reato di maltrattamenti in famiglia – ha invero riaffermato che in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso.
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