Il reato di “pornografia minorile” punisce condotte diverse, accomunate dalla strumentalizzazione sessuale del minore, di cui è tutelata l’immagine, la dignità e l’equilibrato sviluppo psico-fisico. Per evitare di trattare con eccessivo rigore la produzione di materiale pornografico mediante l’utilizzazione di minori, ai fini della configurabilità del delitto previsto dall’art. 600 ter c.p., la giurisprudenza riteneva necessario il presupposto del pericolo di diffusione delle immagini o dei video, ravvisando, in mancanza, il reato di mera detenzione di tale materiale. Di recente, la Suprema Corte ha preso atto dell’evoluzione tecnologica, reputando il requisito richiesto del tutto anacronistico, perché insito nell’uso di smartphone, tablet e computer dotati di fotocamera, che rendono agevole il collegamento alla rete internet, facendo diventare potenzialmente diffusiva qualsiasi produzione di immagini o di video.
Di seguito l’articolo del dott. Giordano, pubblicato su Diritto Penale e Processo n. 12/2019, Ipsoa, Milano.