Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il tribunale del riesame, confermando il decreto del Procuratore della Repubblica, aveva ordinato il sequestro probatorio di sostanza stupefacente del tipo cannabis “light”, la Corte di Cassazione (sentenza 13 maggio 2020, n. 14735) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui la cd. “cannabis light” non rientrava nella nozione legale di sostanza stupefacente e, di conseguenza, la sua detenzione a fini di commercializzazione non aveva rilevanza penale – ha invece ribadito, conformemente ad una recente sentenza delle Sezioni Unite penali, che la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio e resina, integrano il reato di cui all’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, legge 2 dicembre 2016, n. 242, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività.
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