Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello, confermando quella di primo grado, aveva condannato due giornalisti per il reato di diffamazione, per aver pubblicato su un quotidiano locale una notizia che descriveva il locale Sindaco come autore di “politichette” assimilabili alle modalità di azione di Cosa Nostra, la Corte di Cassazione (sentenza 9 novembre 2020, n. 31263) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui in realtà si sarebbe trattato del libero esercizio del c.d. diritto di critica politica – ha invece affermato che non è configurabile l’esimente del diritto di critica politica quando l’autore delle dichiarazioni attribuisca a taluno il sospetto di mafiosità senza alcun appiglio oggettivo, attuando un travisamento o una manipolazione dei fatti storici che ne determina una distorsione inaccettabile rispetto all’intento informativo dell’opinione pubblica che è alla base del riconoscimento dell’esimente, la quale radica le proprie basi ispiratrici nel consolidato principio che in democrazia a maggiori poteri corrispondono maggiori responsabilità e l’assoggettamento al controllo da parte dei cittadini, esercitabile anche attraverso il diritto di critica, purché tale critica non sia avulsa da un necessario nucleo di verità e non trascenda in attacchi personali, finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui.
Call Now Button