Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui il tribunale, giudicando l’imputato con il rito del patteggiamento, gli aveva applicato la pena per essersi rifiutato di sottoporsi all’alcoltest (reato di cui all’art. 186, comma 7 C.d.S.), nonché la sanzione amministrativa accessoria della patente di guida nel massimo previsto dalla legge, ossia per anni due, detratto il periodo già eventualmente scontato per effetto del provvedimento provvisorio del Prefetto, la Corte di Cassazione (sentenza 24 agosto 2020, n. 24023) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui, con riferimento alla sanzione amministrativa accessoria, era evidente l’omessa motivazione sulla durata della sospensione della patente di guida, essendosi il giudice limitato a ritenere ‘equo’ il periodo di sospensione della patente di guida inflitto nel massimo – ha, diversamente, affermato che, anche in materia di sanzioni amministrative accessorie, quando ci si discosta dalla “medietà”, e tanto più ci si discosta, è necessario spiegare per quale motivo i parametri che si giudicano meritino, in concreto, l’applicazione di una sanzione superiore, perché il superamento di quella soglia implica una valutazione della gravità che supera la ‘media’ ed il giudice deve spiegarne le ragioni, non potendo altrimenti giustificarsi l’utilizzo della discrezionalità, che, in assenza di ogni argomentazione al riguardo, perde la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità anche costituzionale.
Call Now Button