Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte di appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado ad alcuni attivisti del movimento “No TAV”, che, nel corso di un manifestazione di protesta, avevano dapprima scandito slogan di protesta e poi danneggiato una struttura a protezione del cancello di ingresso dell’area del cantiere TAV, la Corte di Cassazione (sentenza 1 luglio 2020, n. 19764) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui, per quanto di interesse, erroneamente i giudici di merito non avevano riconosciuto la circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 1, c.p. – ha affermato che ove la condotta costituisca espressione della volontà di opporsi alle forze dell’ordine, alla esecuzione di una determinata opera pubblica, ovvero di riprendere il controllo di una parte del territorio dello Stato, la stessa non può considerarsi affatto direttamente funzionale all’affermazione di motivi sociali generalmente condivisi, quali il diritto all’ambiente o il diritto alla salute, laddove solo in via ipotetica, mediata, indiretta si può ritenere che le condotte siano volte al perseguimento di valori fondanti uno Stato democratico, costituzionalmente riconosciuti e tutelati.
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