Le conseguenze del Dieselgate, lo scandalo delle emissioni venuto alla luce nel 2015, non sono ancora venute a cessare: come è noto, la Volkswagen per ottenere l’omologazione dei veicoli con un motore EA 189 Euro 5, aveva dotato le sue auto di un software illegale (c.d. defeat device) che in fase di test faceva sembrare che le emissioni fossero a norma mentre, in condizioni reali, su strada, le sostanze inquinanti emesse superavano di tantissimo i limiti massimi prescritti. Adesso, la Corte di Giustizia Ue, con la “sentenza Verein für Konsumenteninformation/Volkswagen AG” del 9 luglio 2020 nella causa C-343/19, ha affermato che un costruttore di automobili i cui veicoli illecitamente manipolati in uno Stato membro siano rivenduti in altri Stati membri può essere convenuto dinanzi agli organi giurisdizionali di questi ultimi. Infatti, afferma la Corte Ue, il danno in capo all’acquirente si concretizza nello Stato membro in cui egli acquista il veicolo per un prezzo superiore al suo valore reale. Un ostacolo in meno per i tanti acquirenti di auto del gruppo Volkswagen equipaggiate con i motori incriminati che volessero proporre azioni di risarcimento dinanzi ai giudici del proprio Paese e non in Germania.
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