Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il tribunale del riesame, riformando il provvedimento del GIP, aveva annullato il sequestro preventivo di alcune strutture realizzate nella Zona A del centro storico del PUC del Comune, così escludendo la sussistenza del fumus del reato di cui all’art. 172, in relazione all’art. 45 del d.lgs. 42/2004, la Corte di Cassazione (sentenza 11 novembre 2020, n. 31521) – nell’accogliere sul punto la tesi del PM, secondo cui sono beni culturali “ope legis” le strade e le piazze dei centri storici ai sensi dell’art. 10, comma 4 lett. g) d.lgs. 42/2004, indipendentemente dalla dichiarazione di interesse storico artistico ex art. 12 e 13 d.lgs. 42/2004 – ha diversamente affermato che le pubbliche piazze, vie, strade, e altri spazi urbani, laddove rientranti nell’ambito dei Centri Storici, ai sensi del comma 1 e del comma 4, lettera g), dell’articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, sono qualificabili come beni culturali indipendentemente dall’adozione di una dichiarazione di interesse storico-artistico ai sensi degli articoli 12 e 13 del Codice. Tali beni appartenenti a soggetti pubblici sono, quindi, da considerare beni culturali ope legis, rispetto ai quali trovano necessaria applicazione le norme di tutela di cui alla parte II del Codice fino a quando non intervenga una espressa verifica di interesse in senso contrario ex art. 12.
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