Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui, per quanto qui di interesse, il tribunale del riesame aveva confermato l’ordinanza del GIP che aveva respinto la richiesta del PM di applicazione della misura custodiale in carcere nei confronti di un indagato per il reato di autoriciclaggio, la Corte di Cassazione (sentenza 27 febbraio 2020, n. 7860) – nel disattendere la tesi del PM che aveva proposto ricorso per cassazione contro tale rigetto, in particolare sostenendo l’erroneità, in diritto, della affermazione del Tribunale secondo cui la idoneità della condotta di autoriciclaggio ad ostacolare la ricostruzione della provenienza del denaro dovrebbe essere ricostruita in termini differenti rispetto a quanto avviene per il delitto di riciclaggio non essendo l’avverbio “concretamente”, inserito nella fattispecie di nuovo conio, idoneo di per sé a marcare una differenza reale – ha, diversamente, affermato che l’autoriciclaggio ha esteso l’ambito della rilevanza penale a condotte poste in essere direttamente dall’autore del reato presupposto donde, mancando questo primo “iato”, sul piano soggettivo, richiede una “concreta” ed in qualche modo “intrinseca” capacità e idoneità decettiva, ovvero qualcosa di più specifico rispetto a quanto era stato previsto per la condotta (pur decettiva) di riciclaggio.
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