Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado ad un pastore per avere introdotto ed abbandonato circa 30 capi bovini sul fondo di proprietà altrui dopo aver reciso e danneggiato una parte della recinzione posta a protezione e con danneggiamento delle piante di ulivo ivi insistenti, la Corte di Cassazione (sentenza 13 novembre 2020, n. 32006) – nel rigettare la tesi difensiva, secondo cui il Tribunale non aveva considerato che l’art. 635 primo comma, c.p. (fattispecie delittuosa per la quale era intervenuta condanna) nelle more del giudizio era stato depenalizzato – ha invece affermato che il danneggiamento, avendo riguardato ulivi ed alberi da frutto, certamente rientranti nella nozione di cui al secondo comma dell’ art. 635 c.p., non poteva essere oggetto di depenalizzazione, non rilevando la circostanza che l’aggravante di cui all’art. 635 comma 2 n. 4 c.p. fosse stata contestata solo “in fatto”.
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