Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui la Corte d’appello aveva disposto la consegna all’Autorità giudiziaria ungherese di un nostro connazionale, destinatario di un mandato di arresto europeo in relazione al reato di frode fiscale, la Corte di Cassazione (sentenza 9 luglio 2020, n. 20571) – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui l’ordinanza cautelare emessa dall’A.G. ungherese non era appellabile e, dunque, contraria principi fondamentali dell’ordinamento – ha in particolare ribadito che Il mandato di arresto europeo emesso sulla base di un provvedimento nazionale non appellabile in ragione di alcune disposizioni della legislazione interna, non può essere eseguito dall’autorità giudiziaria dello stato richiesto della consegna (nella specie, l’Italia), in quanto ciò contrasta sia con i principi nazionali (art. 111, Cost.) che sovranazionali (artt. 5 e 6, CEDU), nonché con l’interpretazione della Decisione quadro del Consiglio, 2002/584/GAI, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, per come interpretata dalla Corte di Giustizia UE.
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