Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, aveva condannato un soggetto per il reato di furto in abitazione per aver rubato due portoni di altrettanti stabili condominiali, la Corte di Cassazione (sentenza 2 marzo 2020, n. 8421) – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui errata doveva ritenersi la qualificazione giuridica del fatto in relazione alla nozione di privata dimora, atteso che il portone di ingresso del condominio, insistendo su una pubblica via, è privo di qualsiasi carattere di riservatezza, stante la sua intrinseca funzione – ha, sul punto, affermato che rientra nel concetto di “pertinenza” di privata dimora il portone dell’edificio condominiale, atteso che il portone, ubicato all’ingresso dell’edificio condominiale, assolve con l’androne ad una funzione strumentale e complementare alle abitazioni dello stabile condominiale ed il dato secondo cui il portone, per la parte esterna, si trovi a delimitazione della pubblica via, non esclude la funzione dal portone assolta, nonché il fatto che per la sua asportazione occorre la necessaria introduzione nell’androne del palazzo.
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