Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui il giudice di appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado ad un imputato per il reato di detenzione illecita a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina (droga pesante) e del tipo hashish e marijuana (droghe leggere), escludendo che il fatto potesse essere inquadrato nella ipotesi della c.d. lieve entità, prevista dal co. 5 dell’art. 73, TU Stup., la Corte di Cassazione (sentenza 7 gennaio 2020, n. 114) – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui la motivazione della Corte d’appello era censurabile quanto alla detenzione delle sostanze stupefacenti diverse dalla cocaina, tenuto conto della loro modestissima quantità – ha affermato che sebbene l’esito più comune, nel caso di contestuale detenzione di sostanze stupefacenti di diversa qualità, conduca in concreto ad una valutazione unitaria del fatto, non è in astratto da escludersi l’ipotesi che tale valutazione possa portare in alcuni casi a scindere la qualificazione giuridica del fatto, inducendo il Giudice a riconoscere che una delle violazioni registrate debba essere ricondotta nell’ambito dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.