Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui la Corte d’appello aveva dichiarato la sussistenza delle condizioni per l’estradizione di una cittadina albanese, oggetto di richiesta da parte delle autorità del suo Paese, in funzione dell’esecuzione della sentenza definitiva di condanna emessa per il reato di “falsa denuncia”, corrispondente alla fattispecie prevista e punita dall’art. 368 c.p., la Corte di Cassazione (sentenza 16 gennaio 2020, n. 1677)– nel disattendere la tesi difensiva secondo cui erroneamente la Corte d’appello aveva escluso la portata generale del divieto di estradizione che deve essere riconosciuto ad ogni madre con prole di età inferiore a tre anni – ha invece affermato che il divieto esplicitamente contemplato dall’art. 18, lett. s) della l. n. 69/2005 ova il proprio esclusivo campo di applicazione nell’ambito della procedura inerente al mandato d’arresto europeo, non essendo tale divieto estensibile anche alla procedura estradizionale di cittadini di paese non facenti parte dell’U.E., risultando peraltro legittimato il differente regime giuridico applicabile, ove la procedura di estradizione sia attivata dal Governo di uno Stato non facente parte dell’Unione europea, senza che per ciò possa fondatamente ipotizzarsi alcun contrasto con la Carta costituzionale.
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