Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello, giudicando in sede di annullamento con rinvio disposto dalla Cassazione, aveva confermato la condanna inflitta ad un uomo, per il reato di concorso in omicidio, per aver egli contribuito al fatto prestando ai sicari l’auto utilizzata per uccidere la vittima, la Corte di Cassazione (sentenza 7 settembre 2020, n. 25221) – nell’accogliere, per quanto qui di interesse, la tesi difensiva, secondo cui non risultava dimostrato in alcun modo, nemmeno nella prospettiva del dolo eventuale, che l’imputato fosse stato consapevole dell’utilizzo che sarebbe stato fatto della sua autovettura al momento della messa a disposizione del veicolo – ha infatti affermato che ai fini del concorso in omicidio volontario, è sufficiente un contributo limitato alla sola fase preparatoria e di organizzazione logistica del reato materialmente commesso da altri concorrenti, non essendo necessario che il concorrente sia informato sull’identità di chi agirà, sulle modalità esecutive della condotta e sull’identità della vittima, purché vi sia la consapevolezza da parte sua che la propria azione si iscriva in un progetto delittuoso finalizzato alla realizzazione di un omicidio, la cui ideazione ed esecuzione è affidata ad altri, ovvero, in alternativa, in un piano delittuoso lo sbocco del quale, rappresentato dall’evento letale, sia solo una eventuale e possibile conseguenza dell’azione concordata, il cui verificarsi, tuttavia, è accettato dal concorrente come un rischio possibile, che non gli impedisce di fornire il suo contributo materiale alla realizzazione del progetto.
Call Now Button