Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il tribunale di sorveglianza aveva respinto l’stanza di detenzione domiciliare speciale ex art. 47-quinques Ord. Pen proposta da una detenuta, madre di minore, la Corte di Cassazione (sentenza 4 giugno 2020, n. 16945) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui il concreto pericolo di commissione di futuri delitti erroneamente era stato ancorato unicamente ai precedenti penali per reati contro il patrimonio e ai procedimenti pendenti, in relazione ai quali le pregresse carcerazioni non avrebbero sortito effetti deterrenti, non prodotti nemmeno dalla maternità o dal puerperio – ha, diversamente, ribadito che è erroneo negare ad una detenuta, madre di minore, la detenzione domiciliare “speciale” ove si attribuisca rilevanza preminente al dato anamnestico costituito dai precedenti penali per reati della stessa indole, dalle precedenti carcerazioni eseguite in regime alternativo dimostratesi prive di efficacia deterrente, dall’esistenza di carichi pendenti specifici, relativi a fatti commessi mentre era sottoposta alla misura di prevenzione dell’avviso orale, laddove non si spieghi per quale ragione la misura della detenzione domiciliare non può dimostrarsi idonea a contenere il rischio di recidiva per il periodo di espiazione della pena residua.
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