Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui la Corte d’appello aveva dichiarato inammissibile l’istanza di ricusazione presentata da quattro soggetti, tutti coimputati e difesi dal medesimo avvocato, nei confronti di uno dei componenti del collegio giudicante dinanzi al quale è in corso il processo a loro carico, la Corte di Cassazione (sentenza 5 febbraio 2020, n. 4954) – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui la Corte d’appello aveva erroneamente ritenuto inapplicabile la causa di ricusazione inerente all’inimicizia tra il Giudice e le parti, nel caso in cui l’inimicizia riguardi invece il difensore degli imputati, sussistendo le medesime ragioni di pregiudizio, in considerazione dell’unicità della parte, tecnicamente rappresentata dal difensore – ha, infatti, ribadito che le posizioni interpersonali di inimicizia grave tra difensore e giudice (od un suo prossimo congiunto) non sono previste nel vigente sistema normativo quali possibili cause di ricusazione, posto che l’art. 36 lett. d), cui rinvia l’art. 37 c.p.p., limita espressamente i casi di astensione e, conseguentemente di ricusazione, per inimicizia grave ai soli rapporti fra giudice (o un suo prossimo congiunto) ed una delle parti private, senza possibilità di estensione analogica al difensore della parte privata, atteso che la norma fondamentale (l’art. 36, cui si riallaccia, in gran parte specularmente, l’art. 37) distingue espressamente il difensore e la parte privata, menzionando nelle lettere a), b), d), e) la parte privata quale titolare di posizione (sostanziale) obbligante il giudice all’astensione, e nelle sole lettere a) e b) il difensore quale portatore di posizione consimile.