Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto il reclamo in tema di trattenimento della corrispondenza introdotto da un detenuto in regime di “carcere duro”, la Corte di Cassazione (sentenza 21 maggio 2020, n. 15624) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui sarebbero stati lesi i principi costituzionali in tema di libertà e segretezza delle comunicazioni – ha diversamente ribadito il principio secondo cui il potere del magistrato di sorveglianza di disporre il trattenimento della corrispondenza indirizzata al detenuto sottoposto al regime speciale di cui all’art. 41-bis, L. 26 luglio 1975 n. 354, è diretto ad evitare pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica, indipendentemente dalla commissione di fatti integranti reato, ben potendo il pericolo derivare anche da condotte che non hanno raggiunto la soglia della punibilità o che non sono specificamente previste come reato dalla legge penale.
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