Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna per diffamazione in danno di un uomo per avere – dopo una partita di calcio svoltasi tra la squadra di cui l’offeso era presidente e quella di cui l’imputato era allenatore – pubblicato sul proprio profilo Facebook espressioni offensive della reputazione di quest’ultimo, la Corte di Cassazione (sentenza 16 dicembre 2020, n. 36026) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui nel caso in esame era applicabile la causa di non punibilità della provocazione, prevista dall’art. 599, c.p. – ha invece affermato che gli “sfottò” che intercorrono durante una partita di calcio non sono minimamente equiparabili agli insulti proferiti on-line, dopo la partita stessa, specie se coinvolgono persone (la moglie del presidente, in questo caso) estranee al contesto sportivo, dovendosi pertanto ritenere inutilmente invocata l’applicabilità della provocazione.
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