Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la decisione con la quale il Tribunale aveva condannato un uomo per il reato di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 8 per aver favorito e sfruttato la prostituzione di due donne, tenendo con sè il figlio minore di una di esse, nella cantina sottostante l’appartamento della medesima o portandolo in giro di notte, quando le donne a turno si prostituivano all’interno dell’appartamento, partecipando poi alla spartizione dei proventi derivanti dalla loro prostituzione, la Corte di Cassazione (sentenza 27 maggio 2020, n. 15948) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui l’attività svolta dall’imputato non era un aiuto all’esercizio della prostituzione, ma si risolveva, in realtà, in un sostegno alla persona ed al figlio della donna che si prostituiva, adempiendo sostanzialmente ad una funzione genitoriale propria della prostituta, che era quella di evitare che il figlio fosse presente in casa mentre riceveva i clienti e rispetto alla quale l’agevolazione della prostituzione sarebbe soltanto una conseguenza indiretta – ha invece affermato che il reato di favoreggiamento dell’altrui prostituzione è ravvisabile nella condotta, oggettivamente funzionale all’agevolazione della prostituzione, di colui che provvede ad allontanare il figlio minore della prostituta dal luogo in cui questa esercita il meretricio trattenendolo con sè per il tempo necessario alla madre per svolgere tale attività.
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