Pronunciandosi su un caso “ucraino” in cui si discuteva della legittimità delle decisioni assunte dall’autorità giudiziaria del suo paese di arrestarlo e di sottoporlo a custodia cautelare in quanto sospettato di aver preso parte ad un attacco terroristico in Odessa nell’anno 2015, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha, all’unanimità (sentenza 17 settembre 2020, n. 58444/15): 1) escluso che vi fosse stata una violazione dell’articolo 5 §§ 2 e 3 (diritto alla libertà e alla sicurezza) quanto alle denunce del ricorrente per non essere stato informato tempestivamente dei motivi del suo arresto e per non essere stato rilasciato su cauzione, nonostante fosse previsto dalla legge, perché accusato di reati di terrorismo; 2) accertato due violazioni dell’articolo 5 § 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo perché l’arresto del ricorrente era stato effettuato in assenza di un precedente provvedimento di un giudice e non era stato effettivamente iscritto fino al giorno successivo; 3) accertato una violazione dell’articolo 6 § 2 (presunzione di innocenza) in quanto l’ordinanza di custodia cautelare inizialmente emessa nei suoi confronti lo aveva indicato come colpevole di un reato particolarmente “grave” mentre, all’epoca, egli era semplicemente un sospettato e non era stato condannato per alcun reato di terrorismo. La Corte di Strasburgo ha ritenuto in particolare che, nelle circostanze specifiche del caso concreto, i giudici ucraini avevano indicato sufficienti motivi a sostegno della sua custodia cautelare, dato che egli era stato sospettato di aver commesso un attentato dinamitardo in un momento di grande tensione a Odessa ed in un contesto che vedeva coinvolti anche altri imputati in precedenti casi di notevole importanza, e che erano fuggiti una volta rilasciati. Tuttavia, la Corte EDU ha rilevato con soddisfazione che, da allora, la Corte costituzionale dell’Ucraina aveva deciso di dichiarare incostituzionale la legge sulla cauzione, invocata nel caso del ricorrente, che in alcuni casi aveva limitato la possibilità dei tribunali nazionali di emanare ordini di detenzione adeguatamente motivati.