Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui la Corte di appello, pronunciando a seguito di sentenza di annullamento con rinvio della Cassazione, aveva accolto il ricorso del coniuge di un soggetto, condannato per associazione mafiosa, per l’effetto, revocando la confisca della quota del 50%, di proprietà della sessa, di alcuni beni immobili caduti in comunione legale, la Corte di Cassazione (sentenza 1 luglio 2020, n. 19767) – nell’accogliere la tesi del P.G. che aveva impugnato la revoca della confisca disposta ai danni della moglie, ritenendo erronea la decisione dei giudici di appello per non aver proceduto alla verifica della sussistenza della provvista finanziaria di cui la coniuge avrebbe potuto disporre, ai fini dell’acquisto – ha affermato che, nel caso in cui il bene ricada in comunione, ma sia stato acquistato individualmente dal coniuge estraneo alla condanna (o all’indagine), quest’ultimo viene in rilievo come terzo titolare dell’intero bene, con la conseguenza che intanto potrà procedersi a confisca, in quanto sia dimostrata l’esistenza di un rapporto interpositorio, sempre che siano chiari i sottostanti rapporti economici e patrimoniali che costituiscono il presupposto dell’acquisto.