Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il tribunale di sorveglianza aveva dichiarato inammissibile l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da un condannato per la pena inflittagli per il reato di peculato, la Corte di Cassazione (sentenza 25 giugno 2020, n. 19301) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui il provvedimento era illegittimo laddove, preso atto che tale reato risultava compreso nell’elenco di cui all’art. 4-bis, comma 1, l. 354 del 1975, in assenza di condotte di collaborazione con la giustizia, lo stesso non consentiva la concessione di misure alternative alla detenzione – ha ritenuto l’illegittimità del diniego, richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2020, osservando come negare a chi abbia già maturato le condizioni per ottenere un beneficio penitenziario, in conseguenza della sopravvenienza di un provvedimento normativo, comporterebbe il disconoscimento della funzione pedagogico-propulsiva delle stesse misure alternative alla detenzione, così come prefigurate dall’art. 27, comma 3, Cost.
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