Nel contesto di contratti di credito integralmente eseguiti, la direttiva 93/13/CEE si applica anche dopo l’integrale esecuzione del contratto e, in caso affermativo, un’azione di restituzione delle somme percepite in forza delle clausole contrattuali considerate abusive può essere assoggettata a una “prescrizione breve” di tre anni, decorrente dalla cessazione del contratto? Rispondendo al quesito del Tribunale rumeno con la sentenza del 9 luglio 2020 (cause riunite C‑698/18 e C‑699/18), i giudici europei hanno affermato la legittimità della normativa nazionale che, pur prevedendo il carattere imprescrittibile dell’azione diretta ad accertare la nullità di una clausola abusiva contenuta in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, assoggetta a un termine di prescrizione l’azione diretta a far valere gli effetti restitutori di questo accertamento. Il termine, però, non deve essere meno favorevole rispetto a quello relativo a ricorsi analoghi di natura interna né deve rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. D’altro canto, la direttiva 93/13/CEE e i principi di equivalenza, di effettività e di certezza del diritto non ammettono un’interpretazione giurisdizionale della normativa nazionale secondo la quale l’azione per la ripetizione delle somme indebitamente pagate in forza di una clausola è assoggettata a un termine di prescrizione di tre anni che decorre dalla data dell’esecuzione integrale di tale contratto, qualora si presuma che, a tale data, il consumatore avrebbe dovuto avere conoscenza del carattere abusivo della clausola o qualora tale termine inizi a decorrere soltanto a partire dall’accertamento giudiziale della causa di tali azioni. La sentenza quindi boccia questa sorta di “prescrizione breve” che impedirebbe al consumatore di avere una tutela effettiva.