Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado a due soggetti, per aver, separatamente, aggredito un giornalista e l’operatore televisivo che stava eseguendo le riprese, provocando loro lesioni personali, la Corte di Cassazione (sentenza 20 febbraio 2020, n. 6764) – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui, per quanto qui di interesse, era stata erroneamente contestata l’aggravante del c.d. metodo mafioso, non essendo sufficiente il mero collegamento con contesti di criminalità organizzata né la caratura mafiosa degli autori del fatto – ha, diversamente, affermato che per la configurabilità dell’aggravante dell’utilizzazione del “metodo mafioso”, prevista dall’art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv. in legge 12 luglio 1991, n. 203 (ora, art. 416 bis.1, c.p.), non è necessario che sia stata dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia assumano veste tipicamente mafiosa.