In tema di reati “stradali”, affinché possa dirsi rispettato il precetto posto dell’art. 189, comma 6, del d.Igs. n. 285 del 1992, l’agente deve effettuare una fermata che, per le concrete modalità, sia in grado di soddisfare le esigenze di genere potenzialmente pubblicistico, oltre che certamente privatistiche, di ricostruire compiutamente accaduto ed eventuali responsabilità, oltre che di verificare, sia pure con valutazione atecnica e sommaria, l’eventuale presenza di feriti, accertamento che sarebbe impossibile ove il soggetto si allontani e che costituisce il presupposto per l’applicazione del comma successivo. Scopo avuto di mira da tale norma, valutato nel suo complesso, è dunque quello di imporre ai consociati in genere, anzitutto, di fermarsi con atteggiamento costruttivo e solidale, per poi, con espressione di sintesi, “mettersi a disposizione” civilmente di chi abbia ipoteticamente subito danni reali o personali per effetto di un incidente, addirittura contribuendo, per quanto possibile, nell’attesa dell’intervento della polizia stradale, a porre in essere le misure idonee a salvaguardare la sicurezza della circolazione e a conservare immodificato lo stato dei luoghi (Cassazione penale, Sez. IV, sentenza 9 marzo 2020, n. 9212).
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