Pronunciandosi su un caso “bulgaro” in cui si discuteva della legittimità della doppia “condanna” inflitta ad un tifoso, sanzionato dapprima amministrativamente per aver posto in essere durante un incontro di calcio comportamenti turbativi della manifestazione sportiva e, successivamente, sanzionato penalmente per gli stessi fatti, la Corte europea dei diritti dell’uomo, all’unanimità, ha ritenuto violato l’articolo 4 del Protocollo n. 7 (diritto di non essere processato o punito due volte) della Convenzione europea dei diritti umani. Il caso, come anticipato, era stato originato dal ricorso di un tifoso il quale si era lamentato di essere stato condannato due volte per lo stesso fatto, ossia di aver posto in essere una turbativa dell’ordine e sicurezza pubblica durante una partita di calcio. La Corte EDU ha riscontrato che, mentre vi era stata una stretta connessione temporale tra il procedimento amministrativo ed il procedimento penale contro il ricorrente, non vi era stata una connessione sufficientemente stretta “nella sostanza” tra i due diversi procedimenti. La Corte di Strasburgo (sentenza 21 luglio 2020, n. 34503/10) ha quindi ritenuto che, data la mancanza di una connessione sufficientemente stretta “nella sostanza” tra il procedimento amministrativo e quello penale contro il ricorrente, egli era stato perseguito e punito due volte per lo stesso fatto, in violazione del principio del ne bis in idem.