Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello, nel riformare la sentenza di primo grado, aveva condannato un soggetto che si era fatto consegnare con minaccia da due parroci somme di denaro, la Corte di Cassazione (sentenza 29 gennaio 2020, n. 3856) – nell’accogliere la tesi del PM, che aveva proposto appello, secondo cui nel caso di specie erroneamente il primo giudice aveva riqualificato i fatti come violenza privata per l’assenza di un danno economico, in quanto le pretese dell’imputato erano volte a ottenere dai parroci elargizioni qualificate liberali, come solitamente costoro fanno in favore di soggetti bisognosi – ha, infatti, affermato che condotte come quelle contestate integrano il delitto di estorsione e non quello di violenza privata, sia perché la donazione o l’atto di liberalità avvengono per decisione spontanea di chi eroga la somma a titolo di sostegno, non quando invece segua a una minaccia o a una intimidazione, sia perché, se pure per importi contenuti, comunque un danno è configurabile nelle somme consegnate con tali modalità, sottratte a impieghi derivanti dalla discrezionalità di chi le detiene, se pure per scopi benefici.
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