Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado ad una donna per aver percosso e minacciato la propria figlia, la Corte di Cassazione (sentenza 23 luglio 2020, n. 22045) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui, con particolare riferimento al reato di percosse, l’assenza di segni esteriori dello schiaffo rendeva ragione della mancanza di prova del reato in esame – ha diversamente affermato che deve escludersi il rilievo, ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 581 c.p., di segni esteriori dello schiaffo assestato dall’imputata alla figlia, atteso che tale delitto deve ritenersi, comunque, provato, non solo sulla scorta delle dichiarazioni della persona offesa e del padre, ma anche da eventuali riscontri documentali, come ad esempio, nel caso di specie, dal referto medico nel quale sia riportato che la vittima aveva riferito, nell’immediatezza dei fatti, al personale del Pronto Soccorso di essere stata colpita da uno schiaffo al volto dalla madre.
Call Now Button