Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il tribunale del riesame aveva confermato l’ordinanza del GIP, applicativa della misura custodiale detentiva carceraria nei confronti di un soggetto, indagato di concorso nella detenzione di sostanze stupefacenti, la Corte di Cassazione (sentenza 2 luglio 2020, n. 19875) – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui l’indagato sarebbe stato sottoposto erroneamente alla misura detentiva in applicazione del principio del “non poteva non sapere”, essendosi egli limitato solo a mettere a disposizione del cognato – fratello della moglie – il garage in cui lo stupefacente era stato rinvenuto, senza che emergessero elementi da cui trarre la consapevolezza dell’utilizzo del garage quale “deposito” – ha invece rilevato che correttamente i giudici di merito, quanto alla differenza tra connivenza e complicità, avevano fatto corretta applicazione dei principi di diritto già in più occasioni puntualizzati dalla S.C., in sostanza riconoscendo un concorso nel reato, avendo egli offerto un consapevole apporto all’altrui condotta criminosa, in forme idonea ad agevolare o rafforzare il proposito criminoso del concorrente.
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