Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il tribunale aveva rigettato la richiesta di una donna, sottoposta alla custodia cautelare in carcere, ad intrattenere un colloquio telefonico straordinario con il marito, anch’egli detenuto in regime di custodia cautelare, in ragione delle esigenze cautelari derivanti dalla correità, la Corte di Cassazione (sentenza 26 ottobre 2020, n. 29658) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui erroneamente i giudici avevano disatteso il tema relativo alla rilevanza delle esigenze di carattere familiare poste a base dell’istanza, motivata dalla necessità di consentire ai coniugi di sincerarsi reciprocamente delle loro condizioni di salute in regime di emergenza epidemiologica da COVID-19 – ha infatti affermato che il riferimento allo stato di coimputati nel medesimo procedimento dei soggetti tra i quali avrebbe dovuto intervenire il colloquio dava conto dell’esistenza di esigenze di stretta cautela processuale legate sia alla persistenza del titolo cautelare relativo a gravi reati, sia alle esigenze di acquisizione della prova, la cui necessità di salvaguardia non viene meno per il successivo passaggio alla fase processuale, potendo riguardare tanto le prove a carico che quelle a discarico.
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