Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il tribunale di sorveglianza aveva respinto l’opposizione alla espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione (art. 16, d.lgs. n.286 del 1998) proposta da un detenuto, cittadino extracomunitario, difettando la condizione di convivenza tra il detenuto, la moglie e la figlia minore avuta da quest’ultima, la Corte di Cassazione (sentenza 6 maggio 2020, n. 13764) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui nel caso in esame ben poteva riconoscersi la condizione ostativa alla espulsione, atteso che la nozione di convivenza va intesa come stabilità del legame affettivo, e non necessariamente come coabitazione – ha infatti affermato che non appare essere decisivo l’aspetto della assenza di coabitazione tra il genitore detenuto, richiedente l’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione, e il figlio minore, dovendo essere oggetto di verifica e di apprezzamento in concreto, in termini di possibile causa ostativa alla espulsione, l’interesse del minore al mantenimento del vincolo familiare e affettivo con il genitore, in termini di potenziale pregiudizio alla integrità del suo sviluppo psicofisico.