Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello, confermando quella di primo grado, aveva condannato una “blogger” per aver rivolto a mezzo internet espressioni diffamatorie all’indirizzo di una giornalista per aver pubblicato un articolo su un quotidiano locale on-line in cui erano riportate notizie non corrette circa il decesso del coniuge, la Corte di Cassazione (sentenza 20 aprile 2020, n. 12460) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui difettava la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, avendo omesso la Corte di appello di esaminare la qualificazione di «sgallettata», utilizzata per descrivere la p.o. come giornalista, nel contesto espressivo complessivo dell’articolo a sua firma – ha invece riaffermato che il delitto di diffamazione deve ritenersi integrato quando le espressioni utilizzate si traducano «in gratuiti attacchi alla persona ed in arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale, anche mediante l’utilizzo di “argumenta ad hominem”».