Con sentenza n. 1602 depositata il 16/1/2020, la Sez. I della Corte di Cassazione annulla con rinvio la decisione della Corte territoriale che aveva condannato per propaganda razzista gli autori di un manifesto che, a seguito di un triplice omicidio, del quale era ritenuto responsabile un uomo di colore, invocava la pena di morte e ritraeva una ghigliottina e la testa tagliata di un uomo di pelle nera. La decisione impugnata ha meritato l’annullamento perché, spiega la Cassazione, la propaganda razzista, per assurgere a fatto di reato (art. 604 bis c.p.), non può esaurirsi in “un sentimento di generica antipatia, insofferenza o rifiuto riconducibile a motivazioni eventualmente anche attinenti alla razza, alla nazionalità o alla religione”. Parimenti la nozione di “discriminazione per motivi razziali” richiede la commissione “di una condotta discriminatoria che si fonda proprio sulla qualità personale del soggetto, e non invece, sui suoi comportamenti”.