Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il tribunale del riesame, in accoglimento dell’appello cautelare del PM contro l’ordinanza di rigetto della richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere pronunciata dal Tribunale, aveva disposto la custodia in carcere nei confronti di un soggetto, imputato del reato di stalking, contestato con “condotta in atto”, in relazione ad un’ulteriore “tranche” dell’agire delittuoso realizzata nel corso del dibattimento a suo carico, che era stata ritenuta ricompresa nell’imputazione “aperta”, la Corte di Cassazione (sentenza 4 giugno 2020, n. 17000) – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui il Tribunale non avrebbe potuto accogliere la richiesta del PM, poichè le condotte nuove non potevano essere ricomprese nella contestazione già oggetto di giudizio, essendo necessaria la modifica eventualmente dell’imputazione ai sensi dell’art. 516 c.p.p., ovvero ad una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato – ha affermato l’importante principio per cui il delitto previsto dall’art. 612-bis c.p. è reato abituale di evento “per accumulo”, che si consuma al compimento dell’ultimo degli atti della sequenza criminosa integrativa della abitualità del reato, pur potendosi essere già perfezionato nel momento in cui uno degli eventi previsti dalla norma si sia realizzato, sicchè il termine finale di consumazione, in presenza di una contestazione “aperta”, coincide con quello della pronuncia della sentenza di primo grado che cristallizza l’accertamento processuale, consentendo l’ampliamento dell’ambito dell’imputazione alle ulteriori condotte eventualmente realizzate successivamente all’esercizio dell’azione penale.
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