Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato quella di primo grado, che aveva condannato il conducente di un’autovettura per il reato di omissione di soccorso stradale (art. 189, C.d.S.), la Corte di Cassazione (sentenza 28 ottobre 2020, n. 29837) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui erroneamente i giudici avevano affermato la responsabilità dell’imputato, in particolare, per quanto qui di interesse, non valutando la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, in considerazione delle buone condizioni del minore, confermate dalla circostanza che, tornato a casa, era stato portato al Pronto Soccorso solo su impulso della Polizia locale, allertata dai familiari, e non dei genitori – ha infatti ribadito il principio secondo cui risponde del reato di omissione di soccorso l’utente della strada che, coinvolto in un incidente stradale, anche se da lui non provocato, non presti l’assistenza occorrente al ferito e si allontani dal luogo, essendo infatti configurabile, nel caso di specie, l’elemento psicologico del reato, consistente nella consapevolezza di un possibile danno al minore (sanguinante) e nella decisione, nonostante ciò, di non fornire le proprie generalità e di non accompagnare il minore né al Pronto soccorso né a casa.
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