Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il tribunale del riesame aveva riformato l’ordinanza del GIP che, valutate le condizioni di salute di un detenuto in stato di custodia cautelare per associazione di stampo mafioso, le aveva ritenute incompatibili con il regime detentivo, applicandogli la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, la Corte di Cassazione (sentenza 9 dicembre 2020, n. 35012) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui erroneamente il tribunale aveva ritenuto di escludere una situazione di incompatibilità col regime carcerario, connessa al pericolo concreto di contagio, sol perché non si erano verificati, presso la struttura carceraria ove egli era ristretto, casi di detenuti positivi al Covid-19, o perché l’emergenza sanitaria nazionale era in diminuzione – ha invece affermato che in periodo di pandemia, l’incompatibilità ex art. 275, comma 4 bis, c.p.p. delle condizioni di salute con lo stato di detenzione per il pericolo di contagio deve essere ancorata – oltre che alla verifica astratta circa la presenza nell’indagato di una o più patologie, tali che in caso di contagio risulti certo o altamente probabile il verificarsi di gravi complicanze o di morte – alla ulteriore verifica del rischio che il carcere in cui l’indagato si trovi ristretto sia un luogo nel quale concretamente sia possibile contrarre il virus.
Call Now Button