Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado all’imputato per il reato di estorsione, la Corte di Cassazione (sentenza 18 giugno 2020, n. 18542) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui erroneamente la Corte d’appello non aveva rilevato che i fatti avrebbero dovuto essere qualificati come truffa aggravata dalla prospettazione di un pericolo immaginario – ha diversamente affermato il principio secondo cui la distinzione tra il reato di estorsione consumata attraverso la prospettazione di un pericolo che, apprezzato ex ante, appare quanto mai concreto, sebbene creato ad arte dall’agente, ed il reato di truffa aggravata dalla prospettazione di un pericolo immaginario, deve essere effettuata misurando la concreta efficacia coercitiva della minaccia, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, dovendosi ritenere che si verte nella ipotesi estorsiva quando il male prospettato, derivato dalla volontà potestativa dell’agente, coarta la volontà della vittima; si verte invece nell’ipotesi della truffa quando la prospettazione del pericolo, irrealizzabile per sua intrinseca inconsistenza, non ha capacità coercitiva, ma si limita ad influire sul processo di formazione della volontà deviandolo attraverso la induzione in errore.
Call Now Button