Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui la Corte d’appello aveva dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto avverso la sentenza, emessa in primo grado a seguito di giudizio abbreviato, ritenendo che il termine di gg. 45 per l’impugnazione non decorresse dalla data di notifica dell’estratto contumaciale della sentenza, la Corte di Cassazione (sentenza 26 marzo 2020, n. 10659) – nel rigettare la tesi difensiva, secondo cui per il giudizio abbreviato il termine per impugnare decorreva, nel caso di assenza dell’imputato, dalla data della notificazione della sentenza prevista e dovuta in base all’art. 442, comma 3, c.p.p. – ha diversamente precisato, successivamente alla risoluzione della questione controversa da parte delle Sezioni Unite penali della S.C. di Cassazione, che a seguito della riforma della disciplina sulla contumacia, l’estratto della sentenza emessa nel giudizio abbreviato non deve più essere notificato, ai sensi degli artt. 442, comma 3, c.p.p. e 134, disp. att. c.p.p., all’imputato assente. La parte di rilievo della decisione, tuttavia, sta nell’aver la S.C. aggiunto che l’imputato non poteva beneficiare dell’esistenza del contrasto giurisprudenziale, in quanto, proprio in considerazione dell’incertezza del termine utile per proporre l’impugnazione, era onere della parte seguire l’orientamento più restrittivo, per non incorrere nella sanzione della decadenza, atteso che l’orientamento più estensivo delle facoltà processuali non presentava affatto i caratteri di orientamento dominante, ma costituiva solo uno dei due indirizzi di legittimità seguiti prima dell’intervento delle Sezioni Unite.
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