Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza aveva dichiarato inammissibile il reclamo proposto da un detenuto in regime di “carcere duro” avverso il decreto del Ministro della Giustizia, integrato tre mesi dopo con un successivo provvedimento, con il quale, era stata disposta la proroga per anni due della sospensione nei suoi confronti di alcune regole di trattamento previste dalla l. n. 354 del 1975, la Corte di Cassazione (sentenza 21 dicembre 2020, n. 36815) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui erroneamente era stato dichiarato inammissibile il reclamo, pur proposto nei termini, in quanto non riferito anche al c.d. “decreto integrativo” – ha affermato il principio secondo cui il decreto emesso dal Ministro della Giustizia che proroghi per un successivo biennio il regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis, l. n. 354 del 1975, non può essere integrato nella sua motivazione da un provvedimento successivo, che, senza modificare la parte dispositiva quanto ad applicazione del regime speciale ed alla sua durata, apporti nuovi elementi di fatto o nuove considerazioni giuridiche non presenti nel decreto originario ed intervenga oltre il termine di scadenza dell’efficacia del provvedimento impositivo originario o di quello della proroga precedente. In tal caso il destinatario non ha l’onere di impugnare anche il decreto integrativo e la mancata contestazione non è causa di inammissibilità o improcedibilità del reclamo.
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